Alberto

Mi chiamo Alberto. Sono fra gli ultimi entrati nel mondo del volontariato AIL da circa un anno e mezzo. A differenza di molti “colleghi” non mi sono mai dovuto scontrare con la tipologia di malattie di cui si occupa questa associazione se non in modo marginale. Nell’arco del tempo, ho però perso diversi membri della mia famiglia, sia quella di origine sia quella che mi ero costruito, per problemi oncologici, per cui conoscevo l’esistenza delle Associazioni di Volontariato.

Poi, per caso, ho conosciuto una ragazza che svolgeva attività di volontariato presso l’AIL la quale un giorno mi ha chiesto se mi andava di fare “qualche trasporto”. Usò proprio queste parole ed io sul momento pensai ad un trasloco. Si trattava invece non mobili ma persone, che, nella lotta giornaliera contro la malattia che li opprime possono avere la necessità di doversi spostare, per incontrare medici, o ricevere terapie e che necessitano di un aiuto esterno. Evidentemente ha usato i toni e le parole giuste perché è riuscita ad incuriosirmi circa questo progetto evitando, nello stesso tempo, di spaventarmi per la serietà e la responsabilità che la cosa poteva sottintendere.

Ho sempre creduto nella cooperazione diretta fra le persone a livello orizzontale, prima ancora di aspettare aiuti da enti superiori gestiti da chi è troppo lontano dal problema contingente per poterne cogliere l’urgenza. Pochi giorni dopo, con un senso pratico che mi ha stimolato ulteriormente, ho incontrato il dottor Zaccaria, il nostro presidente, e successivamente un colloquio con la nostra psicologa; di lì a breve ho effettuato il mio primo viaggio.

Ero entrato in AIL. Una delle cose più importanti e gratificanti che possono avere arricchito la mia vita. Ho conosciuto persone meravigliose. Il cameratismo che ho rilevato fra i colleghi è degno dello spirito di Corpo degli Alpini e i pazienti, con la loro forza caratteriale, a volte arrivano a commuoverti e fanno sì che tu debba guardare il mondo con occhi diversi. Quando ti dicono “grazie” dopo che hai fatto compiere loro quel semplice tragitto in auto, è un “grazie” nel quale riesci a cogliere tutte le sfumature della vera riconoscenza. Sono momenti che ti riempiono il cuore. Capisci di avere fatto qualcosa di buono e non ti è costato niente. Appena un po’ del tuo tempo e di quello, almeno per quello che ne sai, puoi ipotizzare di averne ancora senza scadenze a breve, mentre per loro, i pazienti, il tempo può essere un’incognita capace di terrorizzare.

Quindi devo un grazie particolare a Isa, la mia reclutatrice, per avermi fatto compiere quel primo passo che mi ha permesso di conoscere la realtà AIL. E un grazie a tutte le persone del gruppo che ho incontrato e che considero amici, più che colleghi, nonostante così io li abbia definiti nelle righe precedenti per comodità di descrizione, perché in realtà relegarli a questo ruolo spersonalizzante è decisamente troppo limitativo.

Alberto Nozzoli – Volontario AIL

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